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La lentezza

La lentezza non è semplicemente un ritmo rallentato, ma una postura epistemologica — un modo di abitare il tempo e lo spazio che resiste all’accelerazione sistemica della modernità. In Sardegna, ho incontrato la lentezza nei gesti quotidiani, nel pane fatto a mano, nella cura delle piante, nei silenzi condivisi. Lì, la lentezza non è inerzia, ma saggezza: permette al corpo di ascoltare, connettersi, imparare. È una lente fenomenologica attraverso cui il mondo si rivela nella sua piena densità.
La modernità neoliberale, al contrario, promuove un culto della velocità, della performance e dell’efficienza, riducendo la vita a un compito da portare a termine. Così la longevità diventa un obiettivo da raggiungere in fretta — magari acquistando protocolli anti-aging — piuttosto che un processo da attraversare con consapevolezza.
La lentezza è anche disobbedienza: all’utilità, al profitto, alla linearità del progresso.
Come scrive Milan Kundera, “la lentezza è memoria”, mentre la velocità è oblio. In questo senso, recuperare la lentezza significa anche recuperare la memoria corporea, territoriale e ancestrale. Una vita lunga non è una corsa, ma un abitare.