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Cosmologie

In Sardegna, le cosmologie non sono solo tracce del passato o oggetti da museo. Continuano a vivere, a pulsare sotto la superficie del quotidiano, nelle parole che si tramandano, nei gesti rituali che sopravvivono, nei paesaggi che non sono mai soltanto sfondi, ma soggetti attivi. Lontano da ogni folklorismo, la cosmologia in Sardegna rappresenta ancora oggi un modo relazionale di abitare il mondo: una visione in cui tutto è connesso — umano, animale, vegetale, minerale, atmosferico — attraverso una rete di significati, presenze e risonanze.

Anche in un contesto globalizzato e tecnologico, permangono — spesso in forma implicita — saperi, immaginari e pratiche che esprimono un’ontologia relazionale: la terra, il vento, le acque, le rocce sacre non sono semplici risorse o scenari, ma interlocutori silenziosi, agenti della memoria e della cura.

 

Nella Sardegna profonda — e in particolare nelle comunità longeve delle Blue Zones — queste cosmologie non solo resistono, ma continuano a generare senso, orientamento e coerenza esistenziale. Sono orizzonti di significato che permettono agli individui di percepirsi non come frammenti isolati, ma come parte di un ordine più grande, respirante e sensibile.

Su Bundhu. Il vento.

C’è un vento in Sardegna che non è solo aria in movimento. È presenza, spirito, compagno silenzioso dei pastori, delle donne, delle pietre e degli animali. Lo chiamano Su Bundhu: soffio antico e sacro, anima errante che attraversa la terra, scuote le chiome degli alberi e sussurra alle ossa del tempo. È lui il più grande non-umano dell’isola, l’alleato invisibile della Dea Madre. E questa è la sua storia.

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